Una nuova disposizione del Consorzio della Valpolicella fa riflettere sul futuro della produzione dell'Amarone
10/08/2014
La nuova disposizione proclamata lo scorso 30 luglio dal Consorzio di Tutela dei vini Valpolicella sta passando un po’ in sordina tra gli ambienti di chi scrive e si occupa di comunicazione nel mondo del vino. Eppure il protocollo 49/2014, a mio avviso, è un segnale che traccia un solco non proprio insignificante sul futuro della produzione vitivinicola in Valpolicella. Di certo è una nuova presa di posizione che sta dividendo il tessuto produttivo veronese, con la solita suddivisione tra grandi realtà cooperative e piccole e medie realtà private. Una diatriba che prosegue da troppo tempo ormai e che ha logorato non poco, portando a defezioni dal Consorzio, divisioni e creazioni di nuove strutture organizzate come le Amarone Families oppure, sempre più forti, i vignaioli della FIVI che stanno crescendo di numero in maniera sostanziale. Un’aria pesante che si scopre ogni anno, negli ultimi anni, durante l’Anteprima Amarone di gennaio. Mettiamo subito in chiaro una cosa! Dirigere oggi un Consorzio come quella della Valpolicella è di altissima responsabilità e non è per niente facile. Si tratta di una denominazione dal trend di crescita economico e produttivo entusiasmante. Insieme al Prosecco è il traino affermato dell’agroalimentare italiano e porta la nostra regione e la nostra provincia ai primi posti di vendita e di export tra i prodotti agroalimentari italiani. Negli ultimi dieci anni si è assistito ad una vera e propria corsa all’oro, le alte colline della Valpolicella Classica e le vergini vallate di Marcellise, Mezzane e Illasi sono diventate l’Eldorado dei film di John Ford, solo che ai cavalli e alle carrozze si sono sostituiti suv e fuoristrada. Ormai tutti i vignaioli veronesi hanno piccoli fazzoletti di terra all’interno della denominazione per giustificare la produzione di Amarone o Ripasso. Produrre questi due vini è diventato un must! Facoltosi industriali, uomini dello sport e dello spettacolo, veronesi e non, italiani e non, sfoggiano le loro bottiglie…Ciò non è negativo, non è l’unico territorio a “sostenere” l’onere della notorietà. La Toscana insegna. E’ un successo meritato che viene da lontano, grazie a pionieri semplici e illuminati che hanno reso grande e duraturo il valore della Valpolicella. Il risvolto della medaglia è, come sempre e, in modo particolare nel nostro Paese, l’esagerazione. Sembra non ci sia limite all’aumento della produzione di Amarone e Ripasso. Ma è giusto, se la domanda di questi due vini continua a crescere, che si continuino a produrre quantità sempre più elevate degli stessi? Cinicamente verrebbe da dire di si senza esitazioni. Anzi sarebbe da stupidi fare il contrario. Ma i nostri amici di Gevrey – Chambertin, di Margaux, di Katzenthal, di Mesnil – sur – Orger sono allora da definire stupidi? E’ sempre il solito discorso: per rendere grande e prestigiosa una denominazione è meglio produrre tanto, in tanti e che ce ne sia per tutti; oppure è meglio produrre quello che le migliori condizioni di resa e territorio offrono, seguendo l’andamento delle stagioni, con quantità probabilmente insufficienti ma costanti, che non accontentano tutti ma quelli giusti sì?
Tornando alla circolare del Consorzio di Tutela che ha per oggetto: “Misure di gestione della produzione di uva per Amarone/Recioto della Valpolicella e Vino Amarone della Valpolicella vendemmia 2014. Rese produttive primi cicli vegetativi vendemmia 2014”. Ebbene questa nasce proprio per far fronte ancora una volta al continuo aumento di produzione di uva e, sempre da prot.49/2014, “dati della vendemmia 2013 che hanno confermato un’offerta di uva per Amarone/Recioto della Valpolicella sempre tendenzialmente elevata”; inoltre “va aggiunto che nel 2014, secondo i dati dello Schedario Vitivinicolo Veneto, entreranno in produzione 276 ettari, che si sommeranno ai 7.288 ettari già in produzione e che secondo una stima, calcolata sulla media degli ultimi 3 anni, aumenteranno di 16.740 q.li l’uva per Amarone/Recioto della Valpolicella, considerando la riduzione delle rese dal 65% al 50%. Tutto questo a fronte di un calo di imbottigliato del prodotto Amarone a scapito sempre più di Ripasso e IGT. Quest’ultimo è un dato di fatto che, probabilmente, proviene anche da una richiesta sempre più sostenuta di vini sounding Amarone, soprattutto nello stile, meno onerosi ed impegnativi di quest’ultimo.
I dati di mercato evidenziano che la vendita di Ripasso è in costante crescita, l’imbottigliato aumenta; la stessa cosa vale per i vari IGT contenenti uve ottenute dalla tecnica dell’appassimento.
La decisione del Consorzio è dunque stata questa:
1) riduzione dal 65% al 50% della quantità di uva da destinare alla produzione dei vini Amarone e Recioto della Valpolicella
2) il 15% proveniente da questa riduzione sarà sottoposto a fermo e stoccaggio. In pratica, come recita il prot.49/2014 “significa che da un’aliquota di 100 kg di uva fresca si otterranno 40 litri di vino Amarone /Recioto della Valpolicella e, 6 di questi 40 litri, verranno messi in riserva in attesa di poterlo destinare ad Amarone o di riclassificarlo ad altro prodotto”.
3) Questo paragrafo del secondo inciso rimane un po’ controverso: “Resta salva la facoltà di ogni produttore di procedere volontariamente alla riclassificazione totale o parziale del prodotto stoccato alle altre denominazioni di ricaduta nei limiti del disciplinare di produzione (Valpolicella Ripasso DOC, Valpolicella DOC, IGT)
Se da una parte la scelta sembra voler salvaguardare il patrimonio Amarone cercando di non immettere troppa uva atta alla sua produzione e al Recioto, dall’altra sembra un’escamotage per dare ancor più forza e libertà ai produttori di “riclassificare”, purtroppo bisognerebbe dire “declassificare”, le uve atte ad Amarone e Recioto, verso la produzione di Ripassi e IGT. Attenzione, ed è qui il paradosso, non è che questo significhi perderci per i produttori della Valpolicella in senso economico. Infatti Ripassi e IGT sono oggi la manna dal cielo. Sono i vini Valpolicella dai quali si ottengono i migliori margini e, alla lunga, quelli che permettono di sostenere anche le spese di produzione e gestione dell’Amarone e Recioto. A voler pensare male si potrebbe addirittura dire che questo escamotage potrebbe giustificare meglio il contenimento della proporzionalità tra le quantità di uve atte ad Amarone Recioto e le quantità di Ripasso effettivamente producibili. Ma solo a pensar male.
Certo comunque non è una scelta che va verso i piccoli e medi produttori che ogni anno vivono sulle stesse quantità e devono fare i conti con un mercato consolidato e clienti storici. E’ più una necessità dei grandi produttori che hanno logiche di mercato completamente più ampie e complesse dove i conti non si possono far quadrare con la poesia ma con azioni di vendita di prodotti facili da vendere, a prezzi fortemente competitivi, che liberino in fretta i magazzini.
Sembra quasi che dall’Amarone si stia prendendo le distanze…
PS. Affinchè questa non rimanga una mia personale e, come tale, parziale, riflessione, mi premurrò a breve di sentire un po’ le varie parti della filiera che sarà coinvolta da questa importante decisione. Per capire di più e meglio dove sta andando la Valpolicella.